"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

domenica 23 dicembre 2007

Svelato il mistero dell'orso di Hemingway

Si sa poco dell’origine di una zampa d’orso bruno inchiodata al portone di una chiesa di Avila. Salvo che quell’orso, un esemplare bruno ormai estinto nella Spagna centrale, è vissuto 400 anni fa e che lo scrittore Ernest Hemingway, all’inizio degli anni ’30, vide quella zampa o ne sentì parlare. E ne fu talmente impressionato da citarla nel suo romanzo «Per chi suona la campana» e in una lettera indirizzata al suo amico e scrittore, John Dos Passos.Per la prima volta quello che, probabilmente, fu il macabro trofeo di un cacciatore o un’offerta votiva, è stato analizzato e datato da un gruppo di esperti del Centro Mixto UCM-ISCIII de Evolución y Comportamento Humanos, con il sistema del Carbonio 14 e attraverso lo studio del Dna. Il mistero della zampa dell’orso è stato così parzialmente svelato sull’ultimo numero della rivista Molecola Ecology: l’orso cui apparteneva faceva parte della fauna della Sierra de Gredos, dove ormai sono scomparsi. Ed è stato ucciso più o meno quattro secoli fa, uno dopo la costruzione della chiesa di Navacepeda de Tormes, vicino ad Avila, un villaggio conosciuto il suo magnifico ponte di pietra sul fiume Tormes. Da qui deve essere passato Ernest Hemingway nel giugno del 1931, cinque anni prima che scoppiasse la guerra civile.
Nel suo romanzo dedicato al conflitto, Anselmo, uno dei vecchi partigiani repubblicani, racconta che nel portone della chiesa del suo paese è inchiodato l’artiglio di un orso che lui stesso aveva ucciso nella primavera precedente. Descrivendo le montagne del sistema centrale spagnolo a Dos Passos, in una lettera, Hemingway menziona la chiesa e il suo lugubre decoro. La leggenda locale l’attribuisce alla pronta reazione di un falegname che si era difeso dall’aggressione di un orso mozzandogli una zampa con la sega elettrica e che poi aveva attaccato l’artiglio all’ingresso della sua chiesa, «per grazia ricevuta». Dalle testimonianze dello storico di fine ‘500 Gonzalo Argote de Molina, il re Filippo II fu uno degli ultimi cacciatori di orsi della zona, quando ancora era principe, attorno alla metà di quel secolo. I tempi coincidono

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